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di Carlotta Fassina
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Guy Lussac e gli animali dell'aria

NaturalmenteVeneto
Pubblicato da Carlotta Fassina in Scienza · 4 Dicembre 2020


di Carlotta Fassina*
Avevano portato con sé <<diversi animali,  come rane, uccelli e insetti>>. Il loro era un viaggio, anzi  un’ascensione, che sarebbe passato alla storia come la prima  esplorazione scientifica dell’atmosfera terrestre. Erano i celebri  scienziati Louis Gay-Lussac, all’epoca ventiseienne, e Jean-Baptiste  Biot, appena trentenne.
La data quella del 24  agosto del 1804, quella che i due fisici e chimici francesi scelsero  per analizzare le variazioni dell’atmosfera terrestre a bordo di un  aerostato, una mongolfiera. Non sapevano a cosa sarebbero andati  incontro salendo di quota e cosa sarebbe successo agli animali che  portavano con sé; non avevano minimamente l’idea che alcuni animali  potessero avere in dotazione incredibili adattamenti all’altezza e  strumenti interni di controllo di quegli stessi parametri di pressione,  magnetismo ed elettricità, che loro andavano monitorando in  quell’avventurosa esplorazione con gli strumenti più moderni per  l’epoca.
<< Confesso volentieri>>, scrive Biot  nel suo resoconto, << che il primo momento in cui abbiamo  iniziato a prendere quota (…) non potevamo far altro che ammirare la  bellezza dello spettacolo circostante>>. Erano infatti partiti da  Arcueil, vicino a Parigi, al tempo sicuramente molto più verde di oggi,  << calmi e senza la minima inquietudine>>.
Salendo, attraversarono la coltre di nuvole:  <<la loro superficie superiore, ondeggiante e tutta coperta di  protuberanze stondate, aveva l’aspetto di una pianura coperta di  neve.>>
<< Il nostro scopo principale era quello di  verificare se la proprietà magnetica subisce una diminuzione  consistente quando ci si allontana dalla Terra>> e <<di  osservare la differenza di elettricità tra i vari strati  atmosferici>>. Per la prima analisi gli studiosi avevano un ago  calamitato appeso a un filo di seta sottile, che fatto oscillare in una  direzione un po’ diversa rispetto a quella del meridiano magnetico,  avrebbe dovuto aumentare la sua oscillazione in risposta a un campo  magnetico maggiore. Non fu così semplice, in realtà, raccogliere i dati  magnetici perché la mongolfiera si ostinava a compiere delle lente  rotazioni su se stessa, le quali variavano anche l’orientamento del  sensore. Per il secondo esperimento, invece, avevano calato dalla  navicella dei fili metallici di differente lunghezza e terminanti con  una bacchetta di vetro; avrebbero messo in comunicazione strati  atmosferici differenti permettendo quindi il trasferimento di  elettricità tra di essi, misurandola con un elettroforo.
Durante il viaggio furono registrate anche le variazioni di temperatura e persino del loro battito cardiaco.
Salendo di quota Biot e Gay-Lussac, divenuto poi  indispensabile alla scienza per le sue leggi sui gas, osservarono i loro  animali che <<non sembrava soffrissero per la rarefazione  dell’aria>>. L’ape viola, Apis violacea, liberata a 2724 metri << volò via rapidissima e se ne andò ronzando>>.
<<A 3.400 metri di quota liberammo un  uccellino chiamato verdone; volò subito via (…) si precipitò verso la  terra, descrivendo una linea tortuosa>> fino a sparire tra le  nuvole. Il piccione invece <<rimesso in libertà sull’orlo della  navicella, vi rimase per qualche istante come per misurare lo spazio da  percorrere, poi si lanciò volteggiando in modo disuguale, come se stesse  provando le ali; ma, dopo qualche battito, si limitò a estenderle e,  lasciandosi andare completamente, cominciò a scendere verso le nuvole  descrivendo ampi cerchi come fanno i rapaci>>.
Che cosa stava facendo quel piccione?  Probabilmente si stava proprio orientando, utilizzando i sui sensori del  campo magnetico e di pressione atmosferica.
Il campo magnetico terrestre e gli uccelli
Il campo magnetico che circonda la Terra è  generato da un dipolo magnetico, associato a correnti elettriche  presenti all’interno del nucleo liquido. Per approssimazione si fanno  coincidere i poli magnetici con quelli geografici (l’angolo è in realtà  di 11°) e si assume che le linee di forza del campo entrino nella Terra  in corrispondenza del nord terrestre ed escano al sud (il campo  magnetico è invertito rispetto ai Poli geografici). Biot e Lussac, a  differenza di altri studiosi, immaginavano che il campo magnetico non  subisse grandi riduzioni con l’altezza e lo verificarono spingendosi  fino a 3400 metri di quota. Quello che non potevano sapere con le  tecnologie del tempo era che l’azione del campo perdura per decine di  migliaia di chilometri dalla Terra, smorzandosi progressivamente e  cambiando forma per effetto dell’interazione con il Sole.
Da molto tempo si sa ormai che molti uccelli,  specie durante i voli migratori compiuti anche di notte, non sfruttano  solo la luce solare per l’orientamento, bensì anche il campo magnetico  terrestre. Studi recenti dimostrerebbero che per percepirlo utilizzano  una proteina situata nella retina degli occhi. La proteina, chiamata  Cry4, appartiene al gruppo delle proteine dette criptocromi, che sono  fotorecettori sensibili alla luce blu. Questa proteina è anche coinvolta  nella regolazione dei ritmi circadiani, ovvero nell’oscillazione di  funzioni biochimiche, fisiologiche e comportamentali in risposta alla  variazione dell’illuminazione solare nell’arco delle 24 ore giornaliere.  Alcuni elettroni di Cry4 interagirebbero con il campo magnetico  terrestre, formando dei radicali instabili capaci di funzionare da GPS  per i migratori orientandosi con il campo magnetico.
Altri studi condotti sui pettirossi, che fanno  migrazioni parziali e che svernano nelle nostre città, dimostrano come  la sensibilità al campo magnetico possa essere perturbata dal “rumore  magnetico”, vale a dire dalle interferenze prodotte dall’attività  antropica, soprattutto dalle emissioni radio AM, dagli apparecchi  elettronici e in minor misura dalle linee d’alta tensione e da quelle  della telefonia mobile. L’intensità del “rumore” è debole, 50 volte  inferiore a quella del campo magnetico terrestre dell’ordine dei 49  microtesla, eppure sarebbe sufficiente a disorientare i pettirossi in  città. Non si sa ancora per quale motivo ciò avvenga, è molto probabile  però che, una volta abbandonate le città, i pettirossi e gli altri  migratori cittadini riescano a recuperare il loro orientamento.
La pressione atmosferica e il barometro degli uccelli
Se Gay-Lussac fosse stato in grado di comprendere  il meccanismo di registrazione barometrica degli uccelli, forse sarebbe  diventato anche un appassionato ornitologo e avrebbe tratto vantaggio  da questa conoscenza.
Gli amanti del birdwatching verificano spesso  comportamenti anomali dei loro beniamini in occasione dell’avvicinarsi  di perturbazioni atmosferiche. È un fatto, per esempio, che i rondoni  adulti che nidificano nelle nostre città, scompaiano all’arrivo di  grossi fronti temporaleschi. Il fenomeno è accompagnato  dall’allontanamento, anche di qualche centinaio di chilometri, dei  genitori dai loro piccoli al nido i quali, in conseguenza della non  alimentazione e dell’abbassamento di temperature, vanno in una sorta di  torpore per ridurre il consumo energetico in attesa del ritorno dello  stormo.
Così, diversi ornitologi americani hanno  osservato l’avifauna cittadina in occasione dell’arrivo di alcuni  uragani, come l’Hurricane Harvey dell’agosto del 2017, il Sandy del  2012, l’Irma del settembre 2007 ecc. Hanno potuto constatare  un’irrequietezza maggiore già 2-3 giorni prima dell’arrivo dell’uragano e  che, per esempio, gli uccellini delle mangiatoie del giardino di  Washington si “abbuffavano” molto di più del solito per prepararsi a un  evento che il loro cervello evidentemente aveva identificato come capace  di impedire l’alimentazione e di far patire il freddo.
Che cosa regola la sensibilità alla pressione  atmosferica negli uccelli? L’organo paratimpanico (OPT), scoperto nel  1911 dall’anatomista italiano Giovanni Vitali. Si tratta di un organo  sensoriale situato entro la parete media della cavità timpanica degli  uccelli, degli alligatori, di alcuni pipistrelli. L’OPT possiede una  parete interna rivestita di cellule ciliate sensibili agli stimoli  meccanici, in contatto con una sostanza gelatinosa. Questo organo è  collegato con dei legamenti elastici alla membrana timpanica e alla  columella e quindi modifica il suo fluido interno per effetto delle  variazioni di pressione in arrivo al timpano. Le cellule ciliate  comunicano poi al sistema nervoso la variazione di pressione prodotta  dalla depressione atmosferica causata da un temporale o una variazione  di quota. Un perfetto barometro quindi, utile ma non ugualmente  presente: è infatti ipertrofico nei falchi e nei rondoni, animali che  fanno del volo la loro magnificenza, sviluppato negli uccelli che fanno  immersioni come i pinguini, pare invece scomparso nelle civette e nei  parrocchetti.
Gli strabilianti record d’altezza
Il verdone di Gay-Lussac e Biot non era certo  amante dell’alta quota, sicuramente se la cavava meglio il piccione che  si mise a volteggiare come avrebbe fatto un rapace, scendendo verso  quote più familiari.
Normalmente gli uccelli migratori volano a quote  di alcune centinaia di metri che consentono di trovare un beneficio dal  raffreddamento dell’aria su muscoli sottoposti a forte riscaldamento.
Gli uccelli che volano a quote superiori lo  riescono a fare grazie al fatto di possedere emoglobine adattate a  trasportare meglio l’ossigeno in condizioni di aria rarefatta e di  sforzo di volo. In migrazione, il record d’altezza spetta all’oca  indiana (Anser indicus), che sorvola la catena  dell’Himalaya, anche senza sosta e in poche ore, a una quota superiore  ai 6000 metri. Quest’oca non usa le correnti ascensionali per guadagnare  quota e faticare meno, bensì procede a volo battuto grazie ai suoi  muscoli molto vascolarizzati e dotati di un alto numero di mitocondri,  le strutture deputate a produrre energia per le cellule.
Gli avvoltoi di Rueppell (Gyps rueppellii)  però raggiungono altezze ancora maggiori, con un dato accertato di  11.300 metri: lo sappiamo con certezza perché un esemplare si schiantò  contro un aereo a quell’altezza in Costa D’Avorio. Chissà, viene da  chiedersi, cosa avrà pensato il pilota.
Un caso italiano: l’aquila Gaia
Gaia è il nome dato a una giovane aquila reale  nata a Frasassi nel 2017. Quest’aquila è stata soccorsa nell’agosto del  2017 a causa dell’ignobile fucilata di un bracconiere. Curata presso il  centro di recupero del WWF Gola della Rossa e di Frasassi, è stata  liberata a settembre dello scorso anno, dopo essere stata dotata di una  radio satellitare GPS. È la prima aquila italiana a spasso con il GPS  tra i monti del centro Italia. La cosa affascinante, scoperta grazie a  questa strumentazione, è che la nostra aquila non solo non disdegna di  volare anche di notte, ma che in una delle sue elevazioni ha raggiunto  la quota di 7450 metri sul livello del mare!
L’elettricità, i ragni e il ballooning
Chissà se a bordo dell’aerostato i nostri bravi scienziati furono raggiunti da un ragno in ballooning,  così come accadde a Charles Darwin nel Beagle. D’accordo, direte,  Darwin era tutto concentrato su indagini nel campo degli animali e la  scoperta che alcuni ragni volassero per centinaia di chilometri  nell’aria prima di atterrare era più facile a lui rispetto ai due fisici  impegnati in analisi atmosferiche.
Il ballooning è la pratica di  volo usata da alcuni piccoli ragni per migrare su distanze altrimenti  irraggiungibili come se fossero dei palloncini trasportati dal vento.  Questi curiosi viaggiatori producono dei filamenti di seta e, dopo  essersi posizionati in una postazione elevata, si lasciano andare  nell’aria. Fino a poco tempo fa si pensava che fosse solo il vento a  condurre il loro moto, ma due entomologi inglesi, Erica L.Morley e  Daniel Robert, hanno appena dimostrato che il decollo può avvenire anche  in assenza di vento, grazie ai campi elettrici presenti tra la Terra e  la ionosfera (la zona dell’atmosfera compresa tra i 90 e i 200 km di  quota). Il gradiente di potenziale atmosferico (APG), che è dato dalle  differenze di elettricità in atmosfera e che si intensifica nei giorni  tempestosi, verrebbe in tal caso percepito e sfruttato dai ragni  “volanti” per portarsi fino ai 4000 metri d’altezza. Anche se il  meccanismo non è chiaro, non c’è più da sorprendersi che la natura metta  in campo adattamenti straordinari.


Carlotta Fassina
Dottore in Scienze Naturali
Comunicazione e grafica
Guida Ambientale Escursionistica
cell. 3801830644
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